Alessandro Presti: tromba solista
Michele Corcella: direttore
In collaborazione con il Bologna Jazz Fest
Con il contributo di Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Nel 1959 la casa discografica Columbia propose a Miles Davis e Gil Evans di realizzare un disco ispirato alla musica classica e folklorica della Spagna, che gli statunitensi stavano scoprendo proprio in quel periodo. L’arrangiatore e compositore canadese Gil Evans (1912-1988) e il trombettista Miles Davis (1926-1991), nonostante la differenza d’età, si conoscevano ed erano amici dalla metà degli anni Quaranta, quando Davis fu proposto come leader di un progetto coltivato da Evans alla testa di un nonetto, costituito da un organico singolare, passato poi alla storia come Tuba Band. Nel 1957 i due erano tornati a collaborare sotto la bandiera della Columbia per il disco «Miles Ahead», il cui successo portò poi alla realizzazione nel 1958 di «Porgy and Bess»: il nuovo progetto ispanico proseguiva su quella falsariga.Dopo aver esaminato molte registrazioni classiche e folk, sfogliato partiture, letto libri e articoli sui rapporti tra la musica andalusa, africana e afroamericana, fu messo a punto il programma del disco: un adattamento dell’Adagio dal Concerto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joacquin Rodrigo; la Cancion del fuego fatuo dal balletto El amor brujo di Manuel de Falla, ribattezzata in inglese Will O’ the Wisp; due brani trascritti e riadattati da dischi di folklore andaluso, l’Alborada de Vigo (reintitolata The Pan Piper) e Saeta, un passaggio della processione del venerdì santo di Siviglia; e infine Solea, una composizione di Evans.Come di consueto, l’orchestra immaginata da Evans non aveva niente di affine a una big band jazz: la nutrita sezione ottoni comprendeva quattro trombe, tre corni, due tromboni, basso tuba, mentre la più scarna sezione ance allineava solo tre flauti (uno doppiava anche clarinetto e oboe), clarinetto basso, oboe e fagotto; c’era un’arpa e naturalmente la sezione ritmica (solo contrabbasso e batteria, senza strumenti armonici) e due percussionisti.La produzione del disco fu laboriosa e si prolungò da novembre 1959 a marzo 1960, ma il risultato oggi conta tra gli esiti più alti del jazz orchestrale di tutti i tempi. Evans trasforma le pagine di partenza in nuovi caleidoscopi timbrici, mentre Miles Davis riesce a tradurre sulla tromba l’ispirazione vocale del folklore andaluso impregnando lo strumento di un’intensità lacerante. «Sketches of Spain» rimane una pietra miliare nella storia della musica del XX secolo e un monumento ai legami profondi tra musica andalusa e musica afroamericana, mediati dalla tradizione araba del Sahel.Il programma di questo concerto, che apre il Bologna Jazz Festival, è la terza produzione che la Martini Big Band, sotto la direzione di Michele Corcella, dedica a Gil Evans, un caso certamente molto raro. In assenza di partiture ufficiali, questa esecuzione di «Sketches of Spain» è ricavata collazionando alcuni manoscritti di Evans, trascrizioni di Corcella e parti staccate. Il programma si arricchisce anche di altre pagine arrangiate da Gil Evans di sapore ispanico, a completare un altro aspetto di un musicista geniale.
Stefano Zenni